Cenni storici
Consacrato nel 1338, l’antico Duomo di Venzone fu distrutto dai terremoti del 1976.
Nel 1985, tra le diverse proposte per la sua ricostruzione, prende il via il progetto più audace.
Fortemente sostenuto dalla popolazione, viene approvato infatti l’intervento di ricostruzione per anastilosi
e con il recupero di ogni possibile materiale dalle macerie si inizia il lungo e paziente lavoro di ricostruzione
che si conclude nel 1995 con la riapertura al culto dello splendido edificio trecentesco, ora dedicato a Sant’Andrea Apostolo.
Diretto dalla fabbriceria del Duomo e curato dagli architetti Francesco Doglioni, Alba Bellina, Alessandra Quenedolo e Franca Giuseppe,
l’intervento è iniziato con il recupero, la catalogazione e ove possibile il restauro dei frammenti: elementi architettonici, arredi, opere d’arte.
Interno del duomo
Le vetrate
Obiettivo principale era chiudere le ventinove grandi aperture con telai consoni e vetrate che non alterassero l’equilibrio architettonico dell’edificio.
L’analisi dell’edificio rese subito evidente che ogni apertura presentava caratteristiche e difficoltà proprie ponendosi come un caso da risolvere, diverso per ciascuna delle ventinove aperture. Ciascun telaio è stato così costruito attraverso la sagomatura e il rilievo della rispettiva apertura, tenendo conto delle pietre dissestate e dell’irregolarità nelle dimensioni e nella forma.
I telai sono stati realizzati in acciaio inox, opportunamente brunito a caldo con un sistema messo a punto in laboratorio che rende inalterabile la brunitura senza incidere sulle caratteristiche del metallo.
I colori del vetro soffiato, con tonalità che vanno dal bianco, al grigio e al grigio-verde, sono stati scelti per favorire un’illuminazione il più possibile naturale, con l’obiettivo di una diffusione armonica all’architettura.
L’analisi dell’edificio rese subito evidente che ogni apertura presentava caratteristiche e difficoltà proprie ponendosi come un caso da risolvere, diverso per ciascuna delle ventinove aperture. Ciascun telaio è stato così costruito attraverso la sagomatura e il rilievo della rispettiva apertura, tenendo conto delle pietre dissestate e dell’irregolarità nelle dimensioni e nella forma.
I telai sono stati realizzati in acciaio inox, opportunamente brunito a caldo con un sistema messo a punto in laboratorio che rende inalterabile la brunitura senza incidere sulle caratteristiche del metallo.
I colori del vetro soffiato, con tonalità che vanno dal bianco, al grigio e al grigio-verde, sono stati scelti per favorire un’illuminazione il più possibile naturale, con l’obiettivo di una diffusione armonica all’architettura.
Nella monofora destra dell’abside, si è deciso di conservare l’unico frammento istoriato che era scampato alla violenza del terremoto. La figura è stata così ricostruita e reinserita negli antichi vetri soffiati a rullo che sono stati recuperati e restaurati.
Nella cappella del Gonfalone, sul lato meridionale del Duomo, le due eleganti bifore gotiche sono state realizzate con vetri soffiati a rullo che riprendono il sistema originale antico. Per evitare ogni possibile imbarcamento, i pannelli son stati inoltre rinforzati con tondini in acciaio saldati alla trama del trafilato in piombo. Fondamentali anche in questo caso per il risultato dell’intervento sono stati l’esperienza e la capacità di ricerca del laboratorio. I diversi problemi tecnici e artistici incontrati nel corso della realizzazione sono stati affrontati e risolti con il costante scambio tra la direzione lavori, i progettisti e i maestri artigiani interni.